Lettera a Rodolfo Grassi

WRITINGS

Lettera a Rodolfo Grassi

Medardo Rosso conveyed his thoughts in some writings published in the most relevant magazines of his time and in some letters. The peculiar style and the combinations of different languages in these writings  demonstrate the strong personality and the vision of the artist.

Estratto da “La Nouvelle Revue” 1907

…Combien de “grands maîtres”seraient inconnus et n’auraient rien produit si les anciens ne les avaient précédé. Et dans un autre ordre d’idées, si les Egyptiens n’ont pas appris la fausseté des trous, des vides, les Romains et les Grecs n’ont-ils pas oublié cette unité, et leurs oeuvres ne semblent-elles pas petites à côté des autres? Vous voyez que j’ai le plus grand respect pour les antiques, qui, eux, n’avaient pas le temps de se faire brocanteurs d’art, directeurs d’Ecole, et qui dédaignaient d’être appelés “cher maître”. Cependant ils avaient le droit d’ être traités de maître, ceux qui ont accompli une oeuvre personelle et n’ont pas vécu de contrefaçon.
……
Je crois qu’une oeuvre ne peut être réalisée que par celui qui l’a conçue, voilà avant tout le but à attendre. On supprimera pas les gents de métier et une administration à laquelle tant d’artistes ne se disent pas employés qui ce pendant, en tant que praticiens, y travaillent en terminant les pieds ou les mains d’un moreceau, en les copiant sur un modèle que le maître a recouvert de chiffons mouillés et de plâtre pour donner la souplesse et les plis du vêtement. Dans sa critique sévère sur la sculpture, Baudelaire, l’ami de Daumier, comme Dante était l’ami de Giotto, pouvait-il se tromper? N’avait-il pas raison de traiter la sculpture d’art inférieur, lorsqu’il voyait les sculpteurs matérialiser dans l’espace un être, quand tout objet en réalité fait partie d’un tout, et que ce tout est dominé par une tonalité qui s’étand à l’infini la lumière? Ce qui importe pour moi en art, c’est de faire oublier la matière. Le sculpteur doit, par un résumé des impressions reçues, communiquer tout ce qui a frappé sa propre sensibilité, afin qu’en regardant son oeuvre, on éprouve entiêrement qu’il a resentie lorsqu’il a observé la nature.
……
Il y a donc pas à se demander si l’mpression que je veux communiquer change lorsque le spectateur se place loin ou près, audessus ou au dessous de la figure. La première sensation éprouvée est bien différente de celle ressentie lorsque l’oeil fatigué par une observation se repose. Si, dès le premier moment, la tonalité qui semble être en arrière s’avance pour revenir ensuite en arrière, le spectateur a ainsi la perception bien nette d’un mouvement de la vie. Lorsque l’oeil se repose, il peut éprouver les impressions ressenties par l’artiste, toutes celle qui ont dicté à sa main , la forme qu’il a devant lui. Il éprouve un sentiment de la perspective tout autre que celui qui se dégage de la perspective enseignée dans les écoles.

Traduzione italiana

Quanti “grandi maestri” sarebbero sconosciuti e non avrebbero prodotto nulla se gli antichi non li avessero preceduti! E in un altro ordine di idee, se gli Egiziani non conoscevano la falsità dei buchi, dei vuoti, i Romani e i Greci non hanno forse dimenticato questa unità, e le loro opere non sembrano piccole accanto alle altre? Vedete che io ho il più grande rispetto per gli antichi i quali non avevano il tempo di farsi rigattieri dell’arte, direttori d’Accademia, e sdegnavano di essere chiamati “cher maître”. Nondimeno avevano il diritto di essere detti maestri, quelli che hanno compiuto un’opera personale e non sono vissuti di contraffazione.
……
Credo che un’opera non può essere effettuata se non da colui che l’ha concepita, ecco prima di tutto lo scopo da raggiungere. Così si sopprimeranno i mestieranti e una amministrazione alla quale tanti artisti dicono di non essere impiegati, ma, infatti, lo sono in quanto sbozzatori; ci lavorano terminando i piedi e le mani d’un pezzo, copiandole da un modello che il maestro ha ricoperto di cenci bagnati e di gesso per rendere la morbidezza e le pieghe del vestito. Nella sua critica severa della scultura, Baudelaire, l’amico di Daumier, come Dante era l’amico di Giotto, poteva egli ingannarsi? Non aveva forse ragione di trattare la scultura d’arte inferiore, poiché vedeva gli scultori materializzare un essere nello spazio mentre in realtà ogni oggetto fa parte di un tutto, e che questo tutto è dominato da una tonalità che si stende all’infinito la luce? Ciò che importa per me nell’arte, è di far dimenticare la materia. Lo scultore deve, per via di un riassunto delle impressioni ricevute, comunicare tutto ciò che ha colpito la sua sensibilità, affinché guardando la sua opera, si possa provare interamente l’emozione che egli ha sentito quando ha osservato la natura.
……
Non c’é dunque da chiedersi se l’impressione che voglio comunicare cambi quando lo spettatore si pone lontano o vicino, al di sopra o al di sotto della figura. La prima sensazione provata è ben differente da quella risentita quando l’occhio stanco di osservare si riposa. Se, dal primo momento, la tonalità che sembra essere indietro s’avanza per poi ritornare indietro, lo spettatore ha così la percezione ben netta di un movimento della vita. Quando l’occhio si riposa può provare le impressioni sentite dall’artista, tutte quelle che hanno dettato alla sua mano la forma che ha davanti a sé. Egli prova così un sentimento della prospettiva totalmente differente che si allontana dalla prospettiva insegnata nelle scuole.

Estratto da Lettera a Ricci Oddi – 22 Maggio 1927

…Ho mai conosciuto gente più legalmente assassini che i fotografi…

…Negazione dello stato d’animo nostro = d’infinito = dunque …

…Ogni pensiero è un infinito – Ogni vedere un’unità minima sia
Quando più vedi effetti in un così detto quadro – più è falso perché oggettivo
Roba non differente di quella detta e giustamente statua –
Bona per li ciechi…

…E ho ragione me e torto li altri – o viceversa a questo non si scappa
E chi largamente pensa – largamente agisce –
Senza lasciare il cominciamento – …

… La fotografia come invenzione è cosa enorme – ma per il vedere è il più terribile male – E tanto più che è causa di guadagno -!…

Lettera a Clemanceau 1907

Les traités sont des chiffons de papier
…Vraiment les traité sont des chiffon de Papier!
Que tout soit d’ici, pour que tout ça rapporte ici, le voilà le grand truc, la grosse affaire, la grande ressource, de tout cet élément de patriotisme limité, nullement jamais embarrassé de trouver le papier de ses premier ancêtres,toujours prêt à présenter son blason, spéculer ainsi même sur sa naissaince. Cet élément de gens du dimanche, de quantité, ces “commercianti” enregimenté de leur militarisme civil pas autrement que ceux de l’autre militarisme connu (trop malheuresemnt connu) que déjà dès leur plus jeune enfance obligent le père , la mère à finir par dire: portons patience, on lui donnera plus tard la carrière militaire, ces grands responsables de l’ Universelle Boucherie devraient au moins se rappeler que vous leur avez pour eux encore sacrifié toute autre maison pour la leur.
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Traduzione italiana

I trattati sono dei pezzi di carta
… Veramente i trattati sono pezzi di Carta! Che tutto stia qui, purchè tutto questo si riferisce a questo, ecco il grande trucco, il grosso affare, la grande risorsa di questo elemento di patriottismo limitato, mai minimamente imbarazzato nel trovare il documento dei suoi primi antenati, sempre pronto a presentare il suo blasone e così speculare anche sulla propria nascita. Questo elemento di gente della domenica, una quantità, “questi commercianti” irregimentati dal loro militarismo civile non diversamente da quelli dell’altro sono militarismo conosciuto (disgraziatamente troppo conosciuto) che già dalla loro più tenera infanzia, obbligano il padre, la madre a finir col dire: portiamo pazienza, più tardi gli si farà fare la carriera militare, questi grandi responsabili dell’Universale Macelleria dovrebbero almeno ricordarsi che voi gli avete sacrificato ogni altra casa per la loro.

The Impressionism in Sculpture, an explanation

Pubblicato in lingua inglese su The Daily Mail, Londra, 17 Ottobre 1907

Light being of the very essence of our existence, a work of art that is not concerned with light has no right to exist. Without light it must lack unity and spaciousness – it is bound to be small, paltry, wrongly conceived, based necessarily upon matter.
Nothing in this world can detach itself from its surroundings, and our vision – our impressions, if you prefer the term – can only be the result of mutual relations or values given by light, and must have the dominating tonality seized at a glance.
There is another point which has never yet been spoken of, and which nevertheless, is of enormous importance; it is that at the first moment of looking spontaneously at any object in nature, we experience a displacement of tonalities, a broadening of the thing before our eyes, before our spirit – an effect that changes after this first moment.
The reason is that after this first flash our eyes, our mind, take back their habits of laziness and thus destroy that first moment of real life, of the complete vision, during which we experience a transposition of the values which, though materially in front, seem to be forced back, and vice versa. But though all this is sharply accentuated at the first moment, it is none the less true that it is still visible at any later moment.

The colour of sculpture

The real visual truth of anything that meets our eye in nature can only strike us with full force in that short moment when the vision breaks upon us, as it were, as a surprise – that is to say, before our intellect, our knowledge of the material form of objects, have had time to come into play and to counteract and destroy the first impression, charged as it is with poetry and suggestiveness, infinitely more significant than that other truth, which is based on our accumulated knowledge of dry facts? Art is an emotional language; and mathematical accuracy does not lend itself to the expression of our emotions.
Thus we have before a colour perspective wholly different from the other traditional and material perspective; and I claim that we need not and should not follow the method of the catalogued celebrities who have measured, and are still measuring, the first plan and second plan, and follow the material facts of form. There is no more need to walk around a work in clay, or wood, or bronze, or marble, than there is to walk around a work on canvas; and thus conceived, a work of sculpture will be infinitely suggestive, intimately alive, homogenous and grand. On the other hand, every work that is built up of different parts, composed, and invented, becomes small, paltry, untrue, and material. How could it be otherwise when it is known that even today such and such a celebrity enlists the collaboration of mechanical workers to manufacture here one portion, there another, of a material mass which is in this case so justly described as a “statue” – the expression of the negation of life. Is it possible that a work of art is not the property of an idea, and that any hand but that whose owner has conceived this idea should be able to express it? A work of sculpture is not made to be touched, but to be seen at such or such a distance, according to the effect by the artist. Our hand does not permit us to bring to our consciousness the values, the tones, the colours – in a word, the life of the thing, For seizing the inner significance of a work of art, we should rely entirely on the visual impression and all on the sympathetic echoes it awakens in our memory and consciousness, and not on the touch of our fingers.

Where the greeks failed

And note how the preoccupation with colour asserts itself event at a very remote age – how in the later Greek and Roman days works of sculpture are composed of marbles in different colours, and how the statues themselves are coloured! What does this signify, unless it means that the artist realized that his work did not produce the effect he had intended. And do you think we would have had to resort to such means if, before executing his work, he had painted it in his mind, with due consideration of the relations of tone value of light? When the artist applied himself to the painting of his statue, at this very moment he recognized the impotence and the weakness of his work.
Further back still, the Egyptians were far greater. They needed not to have recourse to such small means , because they aimed above all at a certain harmony, at a general effect, and because they considered the play of light. Thus they succeded in giving their works a grand unity and made them dominate the space. Even in their intentionally decorative spirit they make us forget matter.
Of the Macedonians, in the first Greek period, I will only mention one example: the tomb in the gallery of the casts by the brother Keller at the Louvre – you will be forced to recognise in it the preoccupation with the impression, the intuition of life, and the neglect matter.
And much nearer to us, it is the same with the German Gothics, as opposed to works of the Italian Renaissance, which by comparison become material. And this is only natural, since the Renaissance was but the outcome of the late Greek and Roman periods. And finally, if I may extend the argument to works upon canvas, those of you, like myself, have seen Velasquez’s “Infanta” in the Salon Carré of the Louvre, cannot have failed to notice how all the works by which it surrounded become to a certain extent mere pictures, while it alone seems to enter into the very spirit of creation.

Traduzione italiana

L’impressionismo in scultura. Una spiegazione

La luce è la vera essenza della nostra esistenza, un’opera d’arte che non ha a che fare con la luce non ha ragione di esistere. Senza luce essa è priva di unità e di spaziosità, è ridotta ad essere insignificante, di nessun valore, erroneamente concepita, basata necessariamente sulla materia. Niente a questo mondo può staccarsi dall’intorno, e la nostra visione – o impressione, se preferite il termine – può soltanto essere il risultato delle relazioni reciproche o valori dati dalla luce, e si deve catturare con un’occhiata la tonalità dominante. Vi è un altro punto del quale non si è finora parlato e che, tuttavia, è di enorme importanza; è il fatto che nel primo istante del guardare spontaneamente qualche oggetto in natura sperimentiamo uno spostamento di tonalità, un ampliamento della cosa davanti ai nostri occhi, davanti al nostro spirito – un effetto che cambia dopo quel primo momento.

Il colore della scultura

La ragione è che dopo questo primo flash i nostri occhi, la nostra mente, riprendono le loro abitudini di pigrizia e così distruggono quel primo istante di vita reale, di visione totale, durante la quale noi sperimentiamo una trasposizione dei valori che, sebbene materialmente di fronte a noi, sembrano essere spinti indietro, e viceversa. Ma, sebbene tutto questo sia acutamente accentuato nel primo istante, non è meno vero che è ancora visibile in alcuni successivi momenti. L’autentica verità visuale di tutte le cose che incontrano i nostri occhi in natura può impressionarci soltanto con piena forza in quel breve istante in cui la visione si precipita su di noi, come se essa fosse una sorpresa e ciò a dire, prima che il nostro intelletto, la nostra conoscenza della forma materiali degli oggetti, abbia avuto tempo di entrare in gioco e di agire in opposizione e distruggere la prima impressione. Non è la verità di questa prima impressione, carica com’è di poesia e di suggestione, infinitamente più significativa di quell’altra verità, che è basata sulla nostra accumulata conoscenza di fatti privi d’interesse? Arte è un linguaggio emotivo e la precisione matematica non si presa all’espressione delle nostre emozioni. Così noi abbiamo davanti a noi una prospettiva di colore totalmente differente dall’altra prospettiva tradizionale e materiale; e affermo che non ci serve e non dovremmo seguire il metodo delle catalogate celebrità che hanno misurato e stanno ancora misurando il primo piano e il secondo piano, e seguono i fatti materiali della forma. Non è necessario girare intorno a un’opera di creta, legno, o bronzo, o marmo, più di quanto sia necessario girare intorno ad un’opera in tela; e così concepita, una scultura sarà infinitamente stimolante, intimamente animata, omogenea e grande. D’altronde, ogni lavoro che viene formato con parti differenti, composito e inventato, diventa piccolo e insignificante, e materiale. Come potrebbe essere altrimenti quando si sa che anche oggi certe celebrità ingaggiano operai meccanici per confezionare qui una parte là un’altra da una gran massa di materiale che in tal caso è così esattamente descritta come una “statua” – l’espressione della negazione della vita. È possibile che un’opera d’arte non sia l’espressione peculiare di un’idea, e che qualsiasi mano oltre a quella di colui che ha concepito quell’idea sarebbe in grado di esprimerla? Una scultura non è fatta per essere toccata, ma per essere vista a una certa distanza, secondo l’effetto inteso dall’artista. La nostra mano non ci permette di renderci consapevoli dei valori, dei toni, dei colori – in una parola, la vita della cosa. Per possedere l’intimo significato di un’opera d’arte, noi dovremmo affidarci completamente all’impressione visiva e a tutti i sensibili echi che l’opera risveglia nella nostra memoria e coscienza e non al tocco delle nostre dita.

Dove i greci hanno fallito

E notate come la preoccupazione del colore si afferma anche in epoche molto remote – come nel tardo periodo greco e romano – le opere della scultura erano composte di marmi di diversi colori, e come le statue stesse erano colorate! Che cosa significa questo, se non che l’artista capì che il suo lavoro non produceva l’effetto che egli aveva inteso (?). E credi che egli avrebbe voluto ricorrere a tali mezzi se, prima dell’esecuzione del suo lavoro, lo avesse dipinto nella propria mente, con adeguata riflessione sulle relazioni dei valori tonali e di luce? Quando l’artista induce se stesso a dipingere la sua statua, in quel momento egli riconosce la propria impotenza e la debolezza della propria opera. In epoche più lontane, gli Egiziani furono di gran lunga più grandi. Essi non ebbero bisogno di ricorrere a mezzi meschini, perché essi miravano prima di tutto ad una certa armonia, ad un effetto generale, e perché consideravano il gioco della luce. Perciò essi riuscirono a dare alle loro opere una grande unità e a renderle tali da dominare lo spazio. Anche nel loro intenzionale spirito decorativo essi ci fanno dimenticare la materia. Dei Macedoni, nel primo periodo Greco, ricorderò soltanto un esempio: la tomba nella galleria degli abbozzi dei fratelli Keller al Louvre – tu sarai costretto a riconoscere in essa la preoccupazione per l’impressione, l’intuizione della vita, e l’oblio della materia. E molto più vicino a noi, è la medesima cosa con i Gotici tedeschi, in opposizione alle opere del Rinascimento italiano, che al paragone diventa materiale. E ciò è naturale dal momento che il Rinascimento fu soltanto un derivato dei tardi periodi Greci e Romani. E infine, se posso estendere l’argomento ad opere su tela, quelli di voi come me hanno visto l’ “Infanta” di Velazquez nel Salon Carrè del Louvre, non hanno potuto non notare come tutte le opere da cui essa è circondata diventano in qualche misura delle mere figure, mentre essa soltanto sembra entrare nel vero spirito della creazione.

Medardo Rosso

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